Caterina
Di Noto

copywriter

sono vecchiotta

Circa mille anni fa ho fatto il liceo classico
e poi l’università.
Siccome leggevo a rotta di collo,
mi piaceva molto scrivere e avevo
un bel piglio creativo,
mi sono data al copywriting.

(Ancora oggi esistono persone che
non sanno cosa voglia dire.)

sì, l’ho fatto!

Ho più di 20 anni di esperienza
praticamente in tutti i campi della comunicazione.
Quindi: se mi chiedi se ho fatto anche…
Sì, anche quello.

i miei copy

(lavori finiti e lavori interrotti)

Date un’occhiata al cosiddetto PORTFOLIO
che io odio tantissimo, perché
guardami-negli-occhi-parlami-capisci-se sono-una-persona-di-valore
e poi chiedimi se ho fatto io la pubblicità della coca cola.
(E comunque la risposta è no,
non l’ho fatta io.)

sempre libera

Lavoro free lance che è un po’ come
buttarsi da un cornicione,
ma a noi creativi
il brivido piace.

Sono di stanza
nella brulicante Milano
ma lavoro da ogni dove.

perché scegliere me

I miei pregi:

sono veloce come un fulmine
sono un’instancabile creativa
sono curiosissima
sono navigatissima
lavoro con l’Art più bravo del mondo
(che si chiama Giacomo Comincini)

I miei difetti:

czzzzfffffzzzzzffffzzzz
(scusate, qui non prende)

per quali clienti
ho lavorato

Meno di mille.
Eccoli qui.

il mio piccolo storytelling

Nasco nel 1974, generazione Goldrake. Mi mettono a crescere in Emilia, negli allevamenti parmensi, dove afa, prosciutto e pettegolezzi non mancano mai.

Leggo in picchiata, da Piccole Donne al Buio oltre la siepe, in goduta libera.
Di pari passo, scrivo. Una quantità di roba da intasare il solaio. Mi perdonino gli alberi della foresta amazzonica.

Arrivo al Liceo Classico. La tragedia greca è che vado in parrocchia, suono la chitarra, faccio giocare i bambini e fumo Marlboro da mane a sera.

Quindi sbarco a Milano. Università Cattolica del Sacro Cuore, facoltà di Lingue e Letterature Straniere, indirizzo Scienze delle Comunicazioni. Solo a dirlo, sono fuori corso. Studio l’Inglese per ovvietà e il Russo perché Dostoevskij mi fulmina sulla via di San Pietroburgo.

Scopro la Semiotica, segno che è ora di partire per l’Inghilterra in Erasmus. Lì, nella biblioteca di Leeds, mi imbatto nel libro del destino, che titola Being a copywriter. Ed ecco cosa voglio fare nella vita. Nero su bianco. Scrivo la tesi mangiando fish ‘n chips, torno in Italia, mi laureo a 110 all’ora e mi lancio a tavoletta verso il copywriting.

Adesso mi lancio decisa verso la terza età, sempre col mio lavoro sottobraccio.

 

Mia nonna una volta mi chiede:

– Cos’è che vuoi fare te?
– La copywriter.
– E che roba è?
– Ad esempio… Nella pubblicità della passata di pomodoro, quella che scrive O così o Pomì

Qualche giorno dopo, al telefono con mia zia, le sento dire:

– La Cate? Lavora nel settore dei pomodori.

il mio cv in sintesi

perché amo le parole

Quei termini intraducibili che raccontano un’emozione

Petrichor (inglese): l’odore della terra inaridita quando piove.
Komorebi (giapponese): l’effetto della luce del sole quando filtra tra le foglie degli alberi.
Gökotta (svedese): svegliarsi all’alba per uscire ad ascoltare il primo canto degli uccelli.
Gluggaveður (islandese): traducibile letteralmente in “tempo da finestra”, indica quelle giornate invernali bellissime, in cui fa troppo freddo per uscire.
Hanyauku (Rukwangali, un dialetto africano Bantu): camminare in punta di piedi sulla sabbia calda.
Hoppípolla (islandese): saltare nelle pozzanghere.
Schilderwald (tedesco): quando una strada è piena di cartelli stradali e non si capisce nulla. Letteralmente significa “selva di cartelli stradali”.
Yakamoz (turco): il riflesso di luna sull’acqua.
Gufra (arabo): la quantità d’acqua che può contenere una mano.

Hygge (danese): il sentimento di conforto e serenità di chi all’improvviso si sente a casa.
 
(gentilmente tratto da sololibri.net)

quanto costo

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